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Titolo: Lettere scarlatte e polemiche

Data: 1953-02-01

Relazione: Ateneo, anno 4 n. 6 p. 6

Identificatore: 04_06_06_04

Testo: LETTERE SCARLATTE E POLEMICHE
Università meridionali
Caro Direttore, Ho avuto occasione di leggere su
uno dei numeri scorsi di « Ateneo »
un articolo riguardante le Università
meridionali; fra le molte cose inte­
ressanti mi è parso di notare, in com­
plesso, un accento di calda simpatia
nei riguardi degli studenti del Sud
che, pur fra mille difficoltà, seguono
la carriera universitaria.
Di questo vi ringrazio moltissimo, e vi sarò grato se vorrete pubblicare
alcune mie note sugli studenti abruz­
zesi, costretti a continui spostamenti, in mancanza di un Ateneo.
Tutto ciò sembrerà strano e quasi
inverosimile, ma purtroppo noi univer­
sitari abruzzesi per recarci alle nostre
sedi universitarie più vicine dobbiamo
percorrere quasi 500 km. fino a Ro­
ma, ed altrettanti fino a Napoli. Stan­
do così le cose 10.000 abruzzesi si ri­
versano ogni anno nella affollatissima
Università romana e 5000 a quella
Partenopea distribuendosi nelle varie fa­
coltà in maggiore o minor numero.
Le facoltà di Giurisprudenza e di
Lettere risultano le più gremite; poi
vengono nell’ordine quelle di Medi­
cina, Farmacia, Scienze, Ingeg
neria, e
non meno tutte le altre.
Lascio immaginare a quali e quanti
sacrifici siamo sottoposti ogni qualvolta
dobbiamo recarci in sede o per ritirare
Statuti d’esami o per l’iscrizione o per
comprare libri o per dare esami. Cito
soltanto qualche particolare per dimo­
strarvi in quali condizioni disagiate
viene a trovarsi un qualsiasi nostro
collega.
Uno studente di Sulmona che dista
da Roma appena 344 km (compreso il
viaggio di ritorno) e che comunica di­
rettamente con la Capitale, deve com­
piere un viaggio di quasi 10 ore con
treno a scartamento ridotto, subire no­
tevoli spese per il soggiorno a Roma
e spesse volte anche per il pernotta­
mento e tornare a casa soltanto dopo
due giorni.
Senza parlarvi poi di quegli studenti
dell’Alto Sangro o di quelli che abi­
tano le città adriatiche che debbono
cambiare almeno due treni e trascorre­
re quasi un’intera giornata in viaggio.
In base a questi elementi possiamo
dare anche una spiegazione del fatto
per cui la facoltà di Giurisprudenza e
quella di Lettere sono le più affollate.
Siccome queste facoltà non obbligano
alla frequenza dei corsi, la maggior
parte degli studenti per ovviare alle in­
genti spese che comporta la perma­
nenza continuata a Roma sono costretti
ad iscriversi ad esse. Pertanto si deve
necessariamente concludere che tra noi
regna sovrano il fattore economico.
Infatti soltanto gli eterni « figli di
papà », proprietari di qualche appez­
zamento di terreno o di un ben nutrito
armento possono permettersi il « lus­
so » di frequentare i corsi di Medicina
o Ingegneria, e non in base alla loro
capacità intellettuale, ma solo per le
loro condizioni economiche e finanziarie.
E pensare che l’Abruzzo ebbe la
prima Università di Diritto Canonico
sotto Stanislao, Re di Napoli, nel
1265 e precisamente a Sulmona, come
chiaramente è dimostrato dalle atte­
stazioni dell’epoca con firma e sigillo
autografo del Re e ancora conservato
nel Museo Civico.
Insomma noi universitari non pos­
siamo valerci di nessuna delle lezioni
che i professori impartiscono durante
i corsi, e quindi dobbiamo studiare
per nostro conto e superare solo con
le nostre capacità le difficoltà che in­
contriamo e non possiamo vivere sotto
nessun aspetto la vita universitaria.
Ecco il motivo per cui Roma è mas­
simamente rigurgitante di studenti: in
essa affluiscono studenti non solo del
Lazio ma anche quelli dell’Abruzzo e
dell’Italia centro-meridionale.
Rivolgo di nuovo i miei più sentiti
ringraziamenti ad « Ateneo » che mi
ha permesso di gettare alla ribalta
una dura realtà, una delle più penose
questioni che affliggono noi universitari
abruzzesi, e faccio voti affinchè, attra­
verso queste colonne, possa giungere
l'eco di una sì precaria situazione a
chi di dovere e si cerchi di ovviare
alla meglio. Giuseppe Fusco
Sulmona, gennaio.
Dal Meridione ci giunge questo ap­
pello, che siamo ben lieti di acco­
gliere sulle nostre colonne, nella spe­
ranti che valga a sollevare il proble­
ma, che valga a far trovare una pron­
ta soluzione.
La pelle dell'orso
Caro Direttore, Il 20 e 21 novembre gli studenti
del Politecnico hanno eletto i delegati
del Congresso, i cosidetti grandi elettori.
Questi 25 delegati avrebbero dovuto
riunirsi per eleggere i 5 delegati al
Congresso Nazionale Universitario. Cosi
si farebbe in democrazia. Ma, ahimè:
in Italia la democrazia serve soltanto
come straccio da agitare prima delle
elezioni, poi « passata la festa, gabbato
lo santo ». Cosi è avvenuto anche al
nostro Politecnico.
Neppure è stata fissata la data del­
la riunione che già i 5 delegati risul­
tano eletti. Non lo credi? Leggi anche
tu sul « Tempo » di Roma (Anno X, n. 4 del 4 gennaio) la relazione del
Congresso Nazionale della cattolica In­
tesa. Risulta che a Torino-politecnico
l’Intesa ha già ottenuto 4 delegati (l’al­
tro sarebbe ovviamente delle sinistre).
Così cosa dovrebbero riunirsi a fare i
25 eletti dalla base quando si trovano
dinnanzi al fatto compiuto? Mancano
soltanto i nomi di quelli che « saran­
no » eletti perchè il quadro della farsa
elettorale sia completo.
Cosa ne dici tu, caro Direttore, di
questi metodi?
E inoltre approvi tu il fatto che de­
terminate liste (A e B del Politecnico)
si proclamino indipendenti al cento per
cento prima delle elezioni, salvo poi
pubblicare un comunicato proprio su
« Ateneo » (n. 2, anno IV) ad elezioni
avvenute, dichiarando il proprio co­
lore politico, truffando così la buona
fede di molti elettori che non inten­
devano affatto votare Intesa o Sinistra, ma liste che credevano nella loro santa
ingenuità veramente indipendenti? Se
non è possibile cacciare dall’Università
la politica, si cacci almeno il malco­
stume politico.
Noi universitari monarchici del « vi­
va Verdi » avremo tanti difetti, ma
non quello della slealtà politica che ci
ha sempre distinti e che costituisce per
noi un vanto.
I voti dati alla nostra lista non sono
« rubati » perchè abbiamo sempre detto
chi siamo e cosa vogliamo.
Gradirei conoscere il tuo pensiero in
proposito, e non dirmi che non vuoi
entrare in una polemica politica, per­
chè qui si tratta dei principii basilari
di una sana e vera democrazia.
Aldo Narducci
Studenti che lavorano
A proposito della novelletta "Le
cose che capitano solo in Svezia"
che trattava degli studenti che lavo­
rano, mi scrive Marcello Candelo, del
II anno di Economia e Commercio, che mi fa notare che la percentuale
di studenti-lavoratori è, per quanto ri­
guarda la sua Facoltà, superiore a
quella che io ho indicato.
È probabile che abbia ragione, da­
to che io non ho voluto dare una
percentuale esattissima. Candelo mi
informa anche che dei corsi serali ven­
gono tenuti non solo in Svezia ma
anche alla Cattolica di Milano. Non
ho potuto controllare la notizia, ma
se è vera è importante, poiché la
Cattolica non è certo un'Università
molto indulgente verso gli studenti, e se ha istituito questi corsi significa
che si è resa conto delle necessità di
una parte degli iscritti. Mi par inte­
ressante il suggerimento di Candelo
circa la possibilità di far tenere questi
corsi dagli assistenti; per i quali "non
sarebbe eccessivamente gravoso o in­
decoroso" un simile impegno. Comun­
que ringraziano il "fagiolo" Candelo
(fagiolo trentenne, a quanto mi scrive)
per essersi interessato della cosa, e
sarei lieto che quelli che hanno delle
proposte da fare su questo problema, le facessero. Tutti insieme si potreb­
be cercare di regolare una questione
che certo richiede più impegno che
una novelletta dove si parli di bionde
e di tipi nervosi.
G. S.

File: PDF, TESTO

Collezione: Ateneo del 1 febbraio 1953 (contiene il numero intero)

Citazione: Giuseppe Fusco, Aldo Narducci e Gianfranco Silvestro, “Lettere scarlatte e polemiche,” Riviste degli studenti, ultimo accesso il 09 dicembre 2023, https://rivistestudenti.unito.it/items/show/685.