Beta!
Passa al contenuto principale

Titolo: L'Università e la città

Data: 1967-11

Relazione: Ateneo, anno 18 n. 3 p. 6

Identificatore: 18_03_06_01

Testo: L'UNIVERSITÀ
ELA CITTÀ
Il 22 novembre il Consiglio di
Amministrazione dell'Università è
chiamato a decidere sulla scelta o
meno del terreno della Mandria co­
me nuova sede della città universi­
taria.
La scelta, che nel momento in
cui questo articolo uscirà può già
essere avvenuta, pone una pesante
ipoteca sulle future soluzioni, e de­
ve essere inquadrata nel problema
generale.
LA SCELTA
DELL’UNIVERSITÀ
La scelta di una certa soluzione
dei problemi edilizi dell'Università
presuppone un esame a monte di
quello che l'Università vuole essere
nei rapporti interni, nei rapporti con
la città e nella funzione culturale, che essa ritiene di svolgere nei
confronti del mondo esterno. Tutti
problemi la cui risposta condiziona
direttamente la soluzione spaziale
da adottarsi. In definitiva un meto­
do corretto di rispondere al proble­
ma della edilizia universitaria è pri­
ma di tutto rispondere al diverso
problema: che cosa è l'Università, al suo interno e nei suoi rapporti
con la società circostante.
LA BATTAGLIA
STUDENTESCA
Verso questo tipo di considera­
zione del problema gli studenti han­
no impostato la loro battaglia, in
base alla parola d'ordine « città
universitaria ». Essa significa in pri­
mo luogo la volontà di battersi con­
tro gli interventi settoriali e non
coordinati, che avevano avuto il ri­
sultato di spargere gli edifici uni­
versitari in tutta la città, in modo
del tutto irrazionale. Al contrario
si voleva che il problema fosse af­
frontato nel suo complesso, attra­
verso un dibattito che partendo dal­
l'Università, coinvolgesse non solo
tutte le componenti universitarie
ma tutto il mondo cittadino, soprat­
tutto attraverso gli enti interessati
al problema. Una corretta imposta­
zione metodologica si poneva quin­
di condizionante verso ogni tipo di
soluzione. Soltanto tenendo presen­
te che l'una o l'altra scelta presup­
pone diverse concezioni dell'Uni­
versità, la soluzione organica del
problema edilizio può assumere il
valore di svecchiamento delle at­
tuali strutture universitarie, valore
per noi fondamentale.
Ma accanto a questa impostazio­
ne l'agitazione degli studenti del­
l'Università enucleava già un primo
contributo al dibattito, una prima
specificazione che portava ad una
scelta di fondo. Questa valutazio­
ne ha il carattere di contributo de­
gli studenti universitari al dibatti­
to, verificabile con diversi contri­
buti provenienti in primo luogo dal­
l'Università stessa (per esempio il
discorso si allarga appena si tenga
presente la stretta connessione dei
problemi edilizi dell'Università e di
quelli del Politecnico). Il discorso
quindi resta aperto al dibattito e
proprio in questa prospettiva noi
riteniamo oggi valido il lavoro di
precisazione del problema, quale
abbiamo fatto e le scelte a cui sia­
mo giunti.
L’UNIVERSITÀ « SPARSA »
E LA SITUAZIONE ATTUALE
Qualunque tipologia di Università
si voglia adottare, è chiaro che l'at­
tuale sistemazione non risponde ra­
zionalmente a nessuna di esse. Far
partecipare l'Università alla vita che
si svolge intorno ad essa non vuol
dire semplicemente integrare in
qualunque modo gli edifici nel tes­
suto urbano, bensì semmai trovare
l'ubicazione più adatta a promuove­
re questo scambio. Il che si attua
non ponendo la Facoltà X in città
comunque, ma bensì tenendo conto
della ubicazione della Facoltà Y con
cui X ha continue relazioni e di
quella del centro culturale, di ri­
cerca, della biblioteca pubblica, di
tutti quei luoghi insomma che attua­
no con X un intercambio continuo.
Quanto l'attuale situazione non ri­
sponda a questi criteri, come frut­
to di interventi slegati e settoriali, non mi sembra necessario ulterior­
mente sottolineare.
Tornando alle soluzioni, non cre­
diamo che una nuova ubicazione
della Università nel centro storico
sia da auspicarsi. Se è vero infatti
che in città medie o piccole un
rapporto di scambio e compenetra­
zione tra vita universitaria e vita
cittadina si può attuare (quando
non è addirittura la vita universita­
ria ad assorbire la vita cittadina;
come in certe città dell’Italia cen­
trale, se non si vuole giungere ad­
dirittura ad esempi tipo Cambridge
o Oxford), la grande metropoli ten­
de al contrario ad impedire il sor­
gere di una comunità universitaria
che vada al dilà degli incontri a
lezione o simili occasioni. Quan­
do ci si lamenta che in Università
non si vive, non si discute, non si
intrecciano neppure rapporti uma­
ni, si pongono in rilievo e a ra­
gione le lacune della nostra Uni­
versità, a cui concorre però in
misura non indifferente anche il
fatto che la struttura della gran­
de metropoli tende ad accentua­
re questo isolamento. I nostri cen­
tri di interesse non sono nella
Università, le nostre stesse ami­
cizie non derivano da essa. Si crea
una burocratizzazione per cui l’U­
niversità è il luogo dove si ottiene
quella certa laurea e ci si va soltan­
to per fare lo stretto necessario ad
ottenerla.
IL CAMPUS
La soluzione opposta è quella ti­
po « campus ». Un complesso di
edifici alla periferia o fuori città, ove siano comprese tutte le Facol­
tà con istituti e laboratori, e in più
i collegi, gli impianti sportivi ed
altri servizi. E' chiaro il vantaggio
che sotto il profilo sopra delineato
viene da questa soluzione. Direi
che la scelta spaziale obbliga quasi
gli studenti ad intrecciare quei rap­
porti di cui oggi lamentiamo la man­
canza. D’altra parte tale scelta vie­
ne messa in discussione da chi cre­
de che una soluzione del genere
ci faccia cadere nell'eccesso oppo­
sto; che si crei cioè una specie di
aristocrazia della cultura, isolata
dal resto del mondo, che dibatte
problemi stratosferici ma astratti, proprio in seguito a questo isola­
mento.
Ebbene io non condivido questo
timore e credo che esso sia soprat­
tutto frutto della automatica traspo­
sizione in Italia di esempi stranie­
ri, senza tenere conto della influen­
za di fattori propri della nostra so­
cietà e del nostro modo di vita.
La figura dello studente che pas­
sa tutto il periodo degli studi su­
periori in Università, trovando al
suo interno, oltre che il luogo di
studio e di apprendimento anche
vitto, alloggio, soddisfacendo all’in­
terno di essa i propri interessi cul­
turali, trovandovi centri ricreativi e
sportivi, in pratica spendendo all’in­
terno della organizzazione universi­
taria alcuni anni, potrà andare bene
in America, non credo in Italia. An­
che gli studenti che dalla provincia
vengono a vivere in città, in un col­
legio, almeno in una certa misura
non escono dall'ambiente sociale
da cui provengono. Oltre che da
fattori di costume e di tradizione, pensiamo ad esempio a quale in­
fluenza esercita il fattore distanza
nel determinare questa differenza.
Mentre alle Università americane
accorrono studenti anche da grandi
distanze per cui il ritorno a casa
non avviene che in occasione di
vacanze particolarmente lunghe, in­
torno ad una Università come la no­
stra gravita un territorio relativa­
mente esiguo, che quindi consente
uno scambio continuo tra Universi­
tà e altri ambienti sociali. E’ que­
sto un fattore che certo contribui­
sce a non isolare lo studente dal­
l'ambiente circostante.
Inoltre l’Università americana ha
al suo interno una organizzazione, tipo quella dei nostri organi tecni­
ci, che per la varietà degli argo­
menti trattati e dei mezzi impiega­
ti, soddisfa pressoché integralmen­
te gli interessi dello studente. Da
noi le attività degli organi tecnici
coprono un campo relativamente li­
mitato con mezzi esigui. I nostri in­
teressi culturali, ricreativi, sportivi
trovano certo più ampio campo di
soddisfazione fuori piuttosto che
dentro l'Università. Non è l'Univer­
sità che polarizza intorno a sè la
vita cittadina, bensì proprio il con­
trario.
Per tutti questi fattori non ri­
tengo che la situazione attuale pos­
sa essere capovolta nel senso te­
muto, invece penso che una solu­
zione di tipo accentrato degli edi­
fici universitari varrebbe a creare
un livello di vita universitaria; es­
sa non monopolizzerebbe tutta la
« vita », ma ne costituirebbe bensì
un aspetto, che verrebbe a fonder­
si e integrarsi con altri ambienti.
Non credo in definitiva che si deb­
ba temere la sottrazione dello stu­
dente ad ambiti sociali più vasti, in cui le condizioni di oggi lo ca­
lano profondamente, ma che piut­
tosto si debba tendere a creare
una vita studentesca, che oggi man­
ca completamente.
LA CITTÀ UNIVERSITARIA
E IL DIPARTIMENTO
Anche mi sembra che una solu­
zione che in qualche modo avvicini
le Facoltà sia adatta a fornire al
problema edilizio quel valore di
contributo allo svecchiamento dei
metodi e dei contenuti della nostra
Università. Oggi pensiamo che tale
opera debba avvenire soprattutto
creando i Dipartimenti. Allora sul
piano edilizio mi sembra che il com­
pito fondamentale sia trovare la
soluzione che meglio permette la
loro attuazione. Se si tiene pre­
sente che secondo il progetto di
legge 2314 il Dipartimento può es­
sere creato seguendo certe modali­
tà, ecco che una soluzione che di
fatto non ne permetta la creazione, taglia le gambe alla battaglia volta
alla loro attuazione. E, dato che
non mi sembra possibile individua­
re quelle Facoltà e materie tra cui
il Dipartimento potrà o meno esse­
re creato, date le relazioni esistenti
oggi e sempre più profonde in fu­
turo tra tutte le branche del sapere
ecco che la soluzione unitaria deve
riguardare tutte le Facoltà.
LA CITTÀ UNIVERSITARIA
VERA
Ma se città universitaria ha da
essere, allora si deve esprimere
una effettiva volontà che essa ri­
guardi tutta l’Università. Ci si ren­
de conto che sarà necessaria una
certa gradualità di realizzazione da­
te le disponibilità finanziarie. Si vuo­
le però che già oggi si esprima la
volontà che essa sia una soluzione
globale.
E su questa volontà qualche vol­
ta abbiamo ragione di dubitare.
Quando ad esempio, in ragione dei
gravi problemi di spazio della Fa­
coltà di Economia e Commercio, si
viene a parlare dell'acquisto del­
l'area del casermone di via Verdi
per la costruzione di un nuovo pa­
lazzo, allora dubitiamo di questo
impegno. Non si possono creare
gravi ancoraggi al centro cittadino
di nuove Facoltà, rafforzando indi­
rettamente quelli che già esistono
(palazzo delle Facoltà umanistiche
di corso San Maurizio), dicendo
nel contempo che si vuole una so­
luzione globale. Se la Facoltà di
Economia e Commercio ha dei pro­
blemi di spazio a brevissima sca­
denza, li si affronterà con dei pal­
liativi temporanei che la ponga­
no in grado di resistere per un
certo tempo, ma che non pregiudi­
chino il problema di fondo. Altri­
menti siamo portati a sospettare
che « città universitaria » sia solo
lo slogan per buttare fuori città al­
cune Facoltà che si ritengono poco
importanti e a cui non si può o non
si vuole trovare altra sistemazione.
Con il che si continuerebbe quella
forma di intervento a cui ci siamo
opposti in passato.
IL CONTATTO
CON GLI ENTI PUBBLICI
Il livello di approssimazione del
problema in presenza del quale si
propone al Consiglio di Ammini­
strazione dell'Università una scelta
condizionante, trova una causa rile­
vante nel non aver dato al proble­
ma quel rilievo a carattere cittadi­
no che esso richiede. Ciò si nota
soprattutto nella mancanza di una
qualunque collaborazione tra Uni­
versità ed Enti locali, nelle posizio­
ni puramente negative che questi
ultimi hanno preso di fronte al pro­
blema e nella conseguente risolu­
zione dell'Università di « fare da
sola ». Questo fa perdere l'esatta
visione delle implicazioni del pro­
blema, della sua rilevanza ai fini
dello sviluppo urbanistico di Tori­
no, della necessità di una crescita
armonica della città universitaria
non solo nei suoi edifici veri e pro­
pri, ma anche in tutte quelle in­
frastrutture che pesano sugli enti
locali. Si perde ancora il senso del­
la rilevanza del problema ai fini
della programmazione regionale (e
l'IRES per conto del Comitato per
la Programmazione regionale sta
per fare uscire uno studio sul pro­
blema di cui non si può non tenere
conto). L'Università al momento at­
tuale fa come un privato che si cer­
ca la casa, senza badare all'interes­
se collettivo verso la soluzione dei
suoi problemi. In questo caso auto­
nomia deve significare soprattutto
coscienza dell'ampiezza del proble­
ma e di tutti i soggetti che alla sua
soluzione devono intervenire.
LA MANDRIA
La verifica più chiara di questo
discorso la si vede nei dubbi che
propone la scelta propostaci del
terreno della Mandria. Rispetto ad
essa ci si prospettano diversi pe­
ricoli: intanto si dubita di essa co­
me soluzione dal punto di vista ur­
banistico. La creazione di un forte
polo di attrazione in quel luogo può
approfondire certe anomalie nella
crescita di Torino. Si teme con ra­
gione lo svilupparsi di una specula­
zione edilizia di grosse proporzioni, che verrebbe a cancellare comple­
tamente la zona verde. Si trascura
il fatto che il piano regolatore in­
tercomunale prevede la zona come
polmone verde della città e che in
effetti essa rappresenta una delle
ultime aree circostanti a Torino in
cui ciò può essere realizzato.
Prima ancora di discutere sul
merito di questi dubbi, bisogna ri­
conoscere che essi rappresentano
il risultato logico di un certo tipo
di metodo adottato per risolvere
questo problema.
Facciamo brevemente il punto
della situazione: la nostra avver­
sione alla scelta del terreno della
Mandria non è basata sulla consi­
derazione dei soli dati « tecnici ».
Noi contestiamo invece il metodo
che ha condotto a questa scelta. E
diciamo che ciascuno deve aver
chiare le sue responsabilità. Gli
enti pubblici hanno il dovere di in­
tervenire con delle proposte con­
crete e con dei contributi anche
sul piano finanziario, rendendosi
conto finalmente che la scelta del
terreno tocca da vicino tutto l'as­
setto territoriale della zona torine­
se. L'Università, dal canto suo, de­
ve ponderare a fondo tutti gli ar­
gomenti pro e contro ciascuna so­
luzione. E a noi sembra che l'Uni­
versità non solo non si è posta il
problema della funzione che essa
deve avere nei riguardi della so­
cietà, né tantomeno il problema
delle sue strutture, ma addirittura
non abbia vagliato a sufficienza gli
stessi dati « tecnici ». Per realiz­
zare un risparmio immediato (la
Mandria è il terreno più « econo­
mico » che è disponibile sul mer­
cato), si finisce per addossare un
costo maggiore sia agli enti pub­
blici che devono provvedere alle
infrastrutture necessarie, sia agli
studenti che quotidianamente do­
vranno sopportare dei costi di tra­
sporto non indifferenti. Basta un
rapido calcolo: supponendo che
ogni giorno lo studente debba pa­
gare 500 lire per i trasporti e mol­
tipllcando questa cifra per 20.000
che è il numero degli studenti, si
arriva a una cifra di 10 milioni al
giorno, e quindi a un totale di al­
meno 3 miliardi all'anno: il rispar­
mio del costo del terreno va così
in fumo nel giro di un sol anno, con l'unica differenza che il basso
prezzo del terreno lo paga l'Uni­
versità e l’alto costo dei trasporti
lo paga ciascuno di noi.
In definitiva, se il problema edi­
lizio presenta degli innegabili aspet­
ti di urgenza, non ci pare che il
futuro sviluppo dell'intera Univer­
sità per parecchi decenni possa es­
sere sacrificato ai bisogni imme­
diati. La fretta che il Consiglio di
Amministrazione ha oggi di decide­
re ci sembra eccessiva: essa fini­
sce per tradursi in mancanza di
senso delle responsabilità, nel non
voler affrontare gli studi necessari
per risolvere il problema, nel non
voler dibattere il problema delle
strutture universitarie, che è troppo
scottante al giorno d'oggi!
CHE COSA BISOGNA FARE
Non è questione di scegliere og­
gi un terreno piuttosto che un al­
tro; si tratta prima di tutto di re­
cuperare una visione globale del
problema in tutti i suoi aspetti, aprendo e chiedendo il dibattito di
tutti coloro che a tale accezione
possono dare un apporto. Tenere
quindi aperto il discorso sulla città
universitaria a tutti i contributi che
vengano dall'interno dell'Università
o dal suo esterno. Comprendere tut­
te le prospettive e mediare le esi­
genze che da esse derivano. La so­
luzione deve essere tale da dimo­
strare che l'Università non agisce
svincolatamente dalla società nella
quale opera e verso la quale com­
pie un certo servizio, ma che essa
ha con precisione individuato la
sua funzione sociale: soltanto in
questo modo la soluzione prescelta
avrà tutte le garanzie di rispondere
ai problemi che deve soddisfare, che non sono solo di dare più spa­
zio agli studenti universitari, ma
di contribuire ad un rinnovamento
dei contenuti e ad una migliore sod­
disfazione del compito che l'Univer­
sità ha nei confronti di tutta la
società.
La cartina illustra la posizione rispetto a Torino dei terreni di La Mandria e di
Venaria, indicati rispettivamente coi numeri 1 e 2.

File: PDF, TESTO

Collezione: Ateneo di novembre 1967 (contiene il numero intero)

Citazione: “L'Università e la città,” Riviste degli studenti, ultimo accesso il 09 dicembre 2023, https://rivistestudenti.unito.it/items/show/2547.