Beta!
Passa al contenuto principale

Titolo: Goliardia al tramonto

Autore: Vincenzo Incisa

Data: 1955-02-15

Relazione: Ateneo, anno 6 n. 7 p. 1

Identificatore: 06_07_01_02

Testo: GOLIARDIA
AL TRAMONTO
Crediamo che il paradosso
più divertente e più triste
insieme dell'Università ita­
liana sia costituito dalla ses­
sione invernale d’esami con­
comitante col carnevale.
Non ce ne lamentiamo, cer­
to; è questo il prezzo della
richiesta e siamo ben lieti
di pagarlo per ottenere una
concessione troppo importan­
te. Resta, tuttavia, la con­
siderazione che una tale ses­
sione d'esami contribuisce
ancor più ad approfondire
la frattura, che ci pare or­
mai cronica, tra studenti e
goliardia.
Proprio non sono tempi
fortunati per le manifesta­
zioni della vecchia goliardia, questi: alla già naturale in­
differenza dell'ambiente uni­
versitario, alla mancanza di
fantasia e di entusiasmo da
parte degli organizzatori, si
aggiunge l’impegno distraen­
te degli esami. E il gioco è
fatto. Sparute schiere di stu­
denti (per lo più fuori corso
o, comunque, non interessati
alla sessione di febbraio) in­
terverranno alle manifesta­
zioni ufficiali, gli altri, rin­
chiusi fra quattro mura, sa­
pranno del carnevale dai
giornali o per sentito dire.
Tutto lì.
E’ un bene o un male?
Crediamo che la domanda
debba, onestamente, essere
un'altra. Anche ammesso che
la totalità degli universita­
ri fosse disimpegnata, ci sa­
rebbe davvero da credere in
un’ampia partecipazione a
queste manifestazioni goliar­
diche? Ne dubitiamo forte­
mente. Del resto, quella « o­
pinione pubblica », che soli­
tamente rende con una cer­
ta approssimazione il polso
del sentire intorno a un dato
argomento, si è espressa in
maniera inequivocabile nella
inchiesta che abbiamo con­
dotto lo scorso anno sull'ar­
gomento. Ci piace, al pro­
posito, riprendere la risposta
che riteniamo più significa­
tiva e corretta, quella del
prof. Grosso, che così si e­
sprimeva:
« Se per Goliardia si vuo­
le intendere una tradizione
di scapigliatura studentesca, che si accoppiava ad uno
slancio di giovani verso no­
bili ideali, si può dire che
essa si è consumata nella
guerra 1915-'18. Il sopravvi­
vere di manifestazioni che
vorrebbero rappresen­
tare una tradizione goliar­
dica, spesso non è che una
penosa danza di ombre e di
fantasmi, ridotti a caricatu­
ra; per altro verso i residui
delle antiche manifestazioni
ed agitazioni studentesche si
riducono a passeggiate di
scolaretti delle scuole medie
inferiori, fra l’indifferenza
degli studenti. La vita dei
nostri tempi è dura; ed an­
che la gioventù studentesca
la deve affrontare con pre­
coce serietà, che non lascia
più alcun posto al vecchio
cliché dello studente cam­
pione della beata bolletta.
Forme nuove? Il raccoglier­
si di giovani per approfon­
dire problemi culturali, arti­
stici, sociali, per valutare le
manifestazioni di vita del
nostro tempo, i dibattiti, le
assemblee, ecc., sono forme
vive che possono esprimere
una vita studentesca dei no­
stri tempi. Se si vuole così
ristabilire una forma di vi­
ta studentesca, che vinca le
apatie, gli assilli della vita
quotidiana, l’individualismo
chiuso, questo non può che
essere di riflessione e di me­
ditazione; la realtà attuale
non ammette diversioni, o la
si affronta e vive cosciente­
mente o ci si lascia trasci­
nare e travolgere ».
Concordiamo con l’analisi
fatta dal prof. Grosso e che
la maturazione dei tempi e
propositi si incarica di di­
mostrare valida ancora una
volta. Non si offendano gli
amici del SOTC se affermia­
mo che la goliardia spensie­
rata e la scapigliatura gode­
reccia di un tempo, che po­
teva dedicarsi alla superfi­
cialità o che trovava nella
liturgia goliardica l'unico
scampo al soffocamento dei
GUF, sono tutte forme che
vanno inesorabilmente spe­
gnendosi e che sarebbe ana­
cronistico e vano tentar di
reggere sulle grucce degli
arrangiamenti. Oggi non c’è
più tempo per la retorica
amabile ma sterile di Cama­
sio e Oxilia, per le celebra­
zioni bacchiche o per un ro­
manticismo di bassa lega
che si riduceva a commuo­
vere i cuori sempre pronti
delle sartine.
Forse (e senza forse) su
« Ateneo » non si sono mai
scritte parole così dure, an­
zi un tempo si succhiava con
compiacimento lo zucchero
della goliardia. Crediamo sia
tempo di uscire dall'equivo­
co e lo facciamo una volta
per tutte.
Le ultime elezioni studen­
tesche per gli organismi
rappresentativi hanno docu­
mentato un crescente inte­
resse degli universitari ita­
liani per una loro forma di
democrazia. Siamo certi che
questa è la nuova strada per
la gioventù universitaria e
che su di essa si debba insi­
stere, per il bene dei giova­
ni e dello stesso Istituto uni­
versitario. Sarebbe inutile e
stolto affannarsi a reggere
in piedi una scapigliatura
goliardica ormai vuota di
senso e che si limita a suo­
nare la campana una volta
l’anno.
Com’era la goliardia dei
tempi d’oro? Lo documen­
tiamo in questo numero del
giornale, non già per fomen­
tare sterili rimpianti, ma
semplicemente perchè si
tratta, anche in questo caso, di un momento importante
della storia delle nostre isti­
tuzioni universitarie e cor­
rispondente al costume dei
tempi. Che oggi questo co­
stume sia cambiato non è
colpa di nessuno, ma sareb­
be grave colpevolezza se
non ne traessimo le neces­
sarie conseguenze.
VINCENZO INCISA

File: PDF, TESTO

Collezione: Ateneo del 15 febbraio 1955 (contiene il numero intero)

Etichette:

Citazione: Vincenzo Incisa, “Goliardia al tramonto,” Riviste degli studenti, ultimo accesso il 24 settembre 2023, https://rivistestudenti.unito.it/items/show/1200.