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Titolo: Universitari e matrimonio

Autore: Gianfranco Belletti

Data: 1954-03-15

Relazione: Ateneo, anno 5 n. 9 p. 3

Identificatore: 05_09_03_03

Testo: SI INIZIA A DISCUTERE DI “STUDENTI E RAPPORTI CON L’ALTRO SESSO, Universitari e matrimonio
Il matrimonio non è una cosa da
prendersi alla leggera; tutti sanno
quanta ponderazione esiga ai nostri
tempi una decisione su questo pro­
blema, ponderazione che implica il
vaglio delle possibilità di formare e
capeggiare una famiglia.
Ora è evidente che queste possi­
bilità sono soprattutto finanziarie, e
l'età in cui i giovani s
i sentono ca­
paci di affrontare l’onere del man­
tenimento di una famiglia dipende
in modo essenziale dalle loro condi­
zioni sociali.
Nelle altre classi è facile spo­
sarsi giovani, ed ancor prima l’indi­
pendenza economica permette espe­
rienze amorose. Noi invece, frequen­
tiamo il Ginnasio, e poi il Liceo, nella pratica impossibilità di cono­
scere la vita in due, spensierata e
gaia, semplice e pur grande (a no­
stro avviso) dell’età dei diciotto anni.
Il periodo dei « flirts » occasionali
è un periodo che bisogna passare, perchè ci dà la possibilità di con­
frontare i caratteri, i modi di fare
e di dire delle nostre amiche, ci per­
mette di riconoscere la ragazza che
più si adatta al nostro carattere, e
quindi di scegliere la candidata spo­
sa. Non sono certo le sparute ma­
rinate da scuola per un furtivo in­
contro sentimentale a darci l’espe­
rienza necessaria per una scelta, a
parte il fatto che ai liceali non pas­
serebbe mai per l’anticamera del cer­
vello di pensare seriamente ad una
sistemazione matrimoniale. Si esce
dal Liceo e si entra all’Università, a
cavallo dei vent’anni e ci si trova
a vivere la stessa vita che i non stu­
denti hanno vissuto a sedici anni.
E’ più che logico che si cerchi quel­
l’esperienza, in fondo necessaria, in
un campo che per noi è ancora quasi
sconosciuto. Però, se lasciamo una
ragazza con cui abbiamo « filato », siamo considerati mascalzoni. Forse
che noi non abbiamo la stessa colpa
del non studente di diciotto anni che
abbandona l’innamorata? Non tutti
riescono a capire che gli studenti di
ventidue, ventitré anni sono ragazzi
di diciassette, diciotto anni — s’in­
tende in quanto a comportamento
con le ragazze — e non tutti si sen­
tono di scusare la leggerezza e la
incostanza dei loro amori.
Lo studente non è lo scavezzacol­
lo, imbroglione galante, capace di
farsi sberleffi di una ragazza dopo
averla conquistata, sia essa una sar­
tina, o una marchesina. No, anche
lo studente ha un cuore per nulla
corazzato contro l'insidia dell'Amore.
Certo, nelle nostre avventure galanti
si può avere per compagne ragazze
di diverso temperamento. C’è la
« vampo » la timida, la dolce, la bi­
sbetica, l’irreprensibile, l’umile, l'ari­
stocratica, e... perchè no?, anche la
ragazza perduta. Solo dopo aver co­
nosciuto più ragazze si può preten­
dere di sapere quale tipo maggior­
mente si confà al nostro carattere.
Così come se per incanto un cieco
vedesse ad un tratto qualcosa, pure
essendone entusiasta, non potrebbe
dire « che bello! », perché non a­
vrebbe gli elementi di confronto, allo
stesso modo il giovane che per la
prima volta « fila » con una ragaz­
za, pur provando affetti mai sentiti, non può dire d’amarla, appunto per­
ché non sa quali sentimenti prove­
rebbe in compagnia di un’altra.
Con ciò non intendo di giustificare
i cosidetti « figli di papà », che sono
all’Università solo per avere una sim­
bolica occupazione. Sono questi quei
pochi per colpa dei quali gli stu­
denti in genere sono considerati don­
giovanni da strapazzo degni di nes­
suna fiducia: sono coloro che per far
passare le ore sono diventati gli ha­
bitués delle sale da ballo. Questi
davvero non sapranno amare, perché
per loro ogni ragazza incontrata è
sempre e soltanto un'avventura.
Non di loro voglio parlare, ma
della maggior parte degli studenti, quelli le cui famiglie sentano nel
loro bilancio la spesa della tasse
e dei libri, quelli per cui un esa­
me fallito è certo una delusione
profonda : questi giovani cercano nel­
la ragazza un po’ d’affetto, e se oc­
corre un po’ di conforto. Cercano
in essa la persona che sappia con­
dividere con loro gioie ed amarezze.
Non è l’ambizione di poter dire
agli amici « stasera ho un puntello »
che porta questi studenti alla ricerca
di una ragazza, e nemmeno, credo, il piacere di farsi vedere al ballo
o al cinema o al caffè in graziosa
compagnia. Il più delle volte essi sono
alquanto a corto di denaro, e non
hanno molti mezzi per potersi di­
vertire. Si sa, al minimo due biglietti
d’ingresso in un cinema costano 500
lire, e in una sala da ballo non si
spende mai meno di mille lire.
Gli studenti possono offrire ben
poco alle ragazze: queste non solo
devono sovente accontentarsi di qual­
che passeggiata romantica lungo i
viali del Valentino, ma purtroppo si
vedono talvolta razionata anche la
loro compagnia perchè prima di loro
c’è lo studio. Che sappiano soppor­
tare questi sacrifici è la prova mi­
gliore dell’affetto che hanno verso di
noi. Quello vero, sincero, schietto e
disinteressato, che non ha pretese, perchè rivolto alla persona in sé e
non al divertimento che essa può
procurare. Non è necessario essere
degli indovini per riconoscere quali
ragazze vogliono bene a noi e quali
invece sono innamorate del nostro
goliardo. Ogni studente assennato sa­
prà che queste ultime sono le meno
propense ad essere in seguito buone
mogli e madri; perciò considererà
tali amicizie come avventure che gra­
dirà ricordare coniugando i verbi nei
tempi passati.
Per concludere: è conciliabile lo
studio con l’amore? Oso senz’altro
rispondere « Sì », purché sia un
amore ragionevole e posato; l’affetto
sincero di una ragazza è anzi un
aiuto per lo studente, un incitamento
a ben riuscire, uno sprone a rag­
giungere al più presto una vita non
più parassitaria, ma da vero uomo.
In fondo, cos’è che ci dà la fe­
licità? L'amore reciproco. Se un Ma­
rio e una Dorina si amano, a mio
avviso, la soluzione più ovvia è che
il matrimonio benedica la loro feli­
cità. L’età in cui lo studente potrà
sposarsi? Ventisette, ventotto anni.
Un lustro in ritardo rispetto agli
altri giovani. Perchè, sapete come
vorrei definire lo studente? Un ra­
gazzo con qualche anno in più.
Gianfranco Belletti

File: PDF, TESTO

Collezione: Ateneo del 15 marzo 1954 (contiene il numero intero)

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Citazione: Gianfranco Belletti, “Universitari e matrimonio,” Riviste degli studenti, ultimo accesso il 24 settembre 2023, https://rivistestudenti.unito.it/items/show/993.